NEOPLASIE DEL POLMONE: PRESENTE E FUTURO
Nelle relazioni della sessione educazionale numerosi spunti di riflessione sullo screening, la malattia nei pazienti giovani, la terapia neoadiuvante, la gestione del carcinoma EGFR mutato in stadio avanzato e la resistenza all’immunoterapia
Ieri, nella prima giornata congressuale, si è tenuta nel gremito Auditorium la sessione educazionale dedicata ai tumori polmonari. La sessione è stata strutturata in un due parti: la prima dedicata agli hot topics nei tumori polmonari, e la seconda al trattamento delle neoplasie polmonari in stadio avanzato.
La prima parte, moderata da Vito Barbieri e da Floriana Morgillo, si è aperta con l’intervento di Silvia Novello in merito allo stato dell’arte italiano sullo screening dei tumori polmonari, ponendo in particolare l’attenzione sul progetto R.I.S.P. (Rete Italiana Screening Polmonare), che ha attualmente raggiunto l’ambizioso obiettivo di includere 11.129 pazienti eleggibili su tutto il territorio nazionale. È emerso chiaramente dall’intervento della Prof.ssa Novello come sia indispensabile al giorno d’oggi potenziare l’integrazione con i programmi di prevenzione primaria, dando maggiore spazio ai centri antifumo, abbattere le barriere di accesso ai programmi di screening, sfruttando, specialmente per quanto attiene quest’ultimo punto, la tecnologia e i mass media, e usufruire del potenziale emergente dell’AI (Artificial Intellingence) nel percorso diagnostico dei noduli sospetti.
A seguire, è stato dato spazio ad un hot topic particolarmente rilevante di cui ci ha parlato Chiara Bennati: considerazioni, trattamento e outcome nei pazienti giovani con tumore polmonare. La Dott.ssa Bennati ha in primis posto l’accento sulla progressiva incidenza dei tumori polmonari nei soggetti giovani di età inferiore ai 50 anni, spesso non fumatori, di sesso femminile e con malattia oncogene-addicted e, secondariamente, come diretta conseguenza di tale incremento, alla necessità di affrontare il trattamento oncologico in questo gruppo di pazienti con occhi nuovi, prendendo in considerazione anche quello che potremmo definire un vero e proprio “humanistic burden”, ossia il risvolto clinico, sociale ed economico che la malattia ha sui pazienti giovani. In particolare, è stata affrontata la necessità di adottare un approccio, anche da parte dell’oncologo, più olistico, non solo disease-oriented ma life-oriented, includendo la salute sessuale, l’oncofertilità, il ruolo dell’attività fisica nella prevenzione della fatigue cancro-correlata e l’impatto delle tossicità a lungo termine, spesso fonte di importante peggioramento della qualità di vita del paziente.
A conclusione della prima parte della sessione, è stato affidato a Marcello Tiseo l’arduo compito di riassumere le importanti novità nel trattamento del NSCLC resecabile e localmente avanzato. Per quanto riguarda la malattia resecabile è stata sottolineata l’ormai imprescindibile necessità di valutare lo status del PD-L1 e l’assetto molecolare almeno per quanto riguarda EGFR e ALK per definire il successivo iter terapeutico, essendo disponibile attualmente in Italia nel setting adiuvante il trattamento immunoterapico con atezolizumab (IMPower010) nei pazienti con alta espressione di PD-L1 dopo trattamento chemioterapico e il trattamento target con osimertinib o alectinib nei pazienti rispettivamente EGFR mutati e ALK riarrangiati (studi ADAURA e ALINA). Per quanto concerne sempre la malattia resecabile, il Prof. Tiseo ha poi affrontato la tematica calda del trattamento neoadiuvante vs trattamento perioperatorio, sottolineando come per il momento sia chiaro l’avvento dell’immunoterapia anche in questo setting mentre non sia ancora definito il ruolo della terapia target. Sebbene sia ancora prematuro sbilanciarsi a favore dell’uno o dell’altro approccio, vi sono dei dati estrapolati da analisi post-hoc (CM-77T vs CM-816) a supporto dell’approccio perioperatorio vs approccio neoadiuvante, specialmente nei pazienti che non hanno ottenuto una risposta patologica maggiore dopo la chirurgia. In merito, invece, alla malattia non resecabile, il Prof. Tiseo ha sottolineato come il durvalumab di mantenimento dopo chemio-radioterapia rimanga ad oggi lo standard terapeutico nella malattia PD-L1>1%, mentre in caso di mutazione di EGFR l’osimertinib potrà essere nel prossimo futuro, grazie ai risultati dello studio LAURA, la nuova terapia di mantenimento dopo chemio-radioterapia.
Nella seconda parte della sessione, moderata da Editta Baldini e da Alessandro Morabito, sono state affrontate altre tre importanti tematiche: il trattamento della malattia EGFR mutata in stadio avanzato, le novità nella terapia della malattia oncogene addicted oltre EGFR e, infine, il trattamento della resistenza all’immunoterapia.
Ad affrontare la prima tematica è stato Diego Cortinovis, che ha chiaramente evidenziato come il mondo della malattia EGFR mutata stia rapidamente cambiando: se, infatti, anni fa sembrava essere un’entità ben definita sia per quanto concerne l’identificazione delle mutazioni driver, sia per il trattamento target, al giorno d’oggi non è più così. In primis perché con l’emergere della scoperta di nuove mutazioni uncommon e comutazioni rare si fa più chiara la necessità di passare da un approccio molecolare esonico ad uno proteomico che permetta di tenere conto anche del “sommerso”.
A seguire, Lorenza Landi ha presentato l’orizzonte delle strategie terapeutiche nella malattia oncogene-addicted oltre EGFR evidenziando le più importanti novità del 2024, ossia: l’approvazione in I linea del lorlatinib nei pazienti ALK riarrangiati e del selpercatinib con programma ad uso nominale nei pazienti RET riarrangiati e l’approvazione in II linea del repotrectinib in EAP per i pazienti ROS1 mutati e del sotorasib per i pazienti KRAS G12c mutati. Key message dell’intervento della Dott.ssa Landi è stato quello di “puntare gli occhi anche dove non dovrebbero essere puntati”, ossia ricercare le mutazioni driver non solo nel paziente con adenocarcinoma metastatico, ma anche negli stadi precoci di malattia e nelle istologie “non classiche”.
In conclusione, Giuseppe Lo Russo ha affrontato la complessa tematica della resistenza all’immunoterapia, classificandola in resistenza primaria e secondaria e sottolineando il complesso background dei meccanismi, in parte comuni e in parte peculiari, che sottendono all’emergenza delle resistenze. Diverse sono le strategie attualmente ancora in fase di studio per bypassare le resistenze primarie e secondarie all’immunoterapia e tra queste vi sono sia approcci combinati (IO-CHT, IO-IO, IO-IO-CHT), sia nuovi farmaci (ADCs, bispecifici, nuovi immunoterapici e vaccini); i risultati sono purtroppo al momento molto altalenanti e in parte deludenti rispetto alle grandi aspettative. Il Dott. Lo Russo ha però messo in luce come, auspicabilmente, una corretta caratterizzazione molecolare ab inizio e l’introduzione sistematica della rebiopsia a progressione di malattia possano guidarci nel miglioramento della conoscenza dei complessi e molteplici meccanismi di resistenza all’immunoterapia e, ci si augura, all’identificazione di strategie efficaci per vincerli.
Chiara Cavalli